
Fabio Galante è un uomo dall`animo allegro e gentile, la cui positività è una costante nella sua vita. Nelle sue vecchie figurine, che coprono vent`anni di carriera con diverse maglie, emerge il suo sorriso. Si considera fortunato, affermando scherzosamente che se mai fosse triste, Dio gli ricorderebbe quanto sia benedetto. Cresciuto a Monsummano Terme, dove i genitori Giovanni e Maria gestivano una fabbrica di suole per scarpe, Fabio imparò fin da giovane il valore del lavoro. Quest`esperienza gli ha probabilmente trasmesso la capacità di rimanere umile, il senso della disciplina e la consapevolezza che la vera essenza di una scarpa sta nel comfort e nel supporto della sua suola, non solo nell`estetica della tomaia.

Una volta, Galante ha affermato: “Se fossi stato più brutto, avrei avuto una carriera migliore”. Questa frase riflette la dicotomia tra l`apparenza e la sostanza, l`estetica e la vera natura, un tema ricorrente nella percezione pubblica.
“L`ho detto, e c`è una parte di verità,” ammette Galante. “Ero considerato un bel ragazzo e frequentavo figure dello spettacolo. Tuttavia, se la domenica commettevo un errore in campo, subito si scatenavano le maldicenze: `Chissà dov`era Galante ieri sera.` È difficile liberarsi di certe etichette; anche se io facevo finta di niente, alcuni commenti mi ferivano. C`era anche molta invidia. Una volta, telefonai a un giornalista che mi aveva dato un voto basso in pagella. Gli chiesi una spiegazione e lui mi rispose: `Ma cosa ti importa di un 5 con tutte le donne che hai?` Rimasi senza parole, che modo è questo di confrontarsi?”
Da bambino com`era?
“Da bambino giocavo come attaccante e tifavo Inter,” racconta. “Avevo anche una simpatia per il Torino, soprattutto per Ciccio Graziani. Mio padre mi consigliava: `Guarda come si muove Graziani e cerca di imitarlo.` La mia carriera calcistica vera e propria iniziò a quattordici anni, quando entrai nelle giovanili dell`Empoli.”
A Empoli ha incontrato Spalletti.
“Era il veterano della squadra e mi ha fatto da fratello maggiore, insegnandomi moltissimo,” afferma Galante. “Ho trascorso lunghi periodi a casa sua, a Sovigliana, ospitato da sua madre Ilva. Voglio molto bene a Lucio; è un allenatore eccezionale e una persona straordinaria e generosa.”
A vent`anni, il debutto in Serie A con il Genoa.
“Sono ancora oggi il calciatore più pagato di sempre in Serie C,” rivela Galante. “Spinelli pagò oltre tre miliardi di lire per me, per poi rivendermi all`Inter per il triplo, più Centofanti. Con `Sciù Aldo` (Spinelli) ho sempre avuto un rapporto speciale; abbiamo trascorso nove anni insieme, tre a Genova e sei a Livorno. Fu lui a cui `imposi` Alino Diamanti, portandolo dalla Serie C2 alla Serie A. Spinelli mi chiese: `Fabio, ma questo va in discoteca?` E io risposi: `È vero presidente, ma pensi a cosa potrebbe fare se non ci andasse.` E così lo prese. In quel momento, io fui per Diamanti ciò che Spalletti era stato per me.”
A lanciarlo fu Scoglio.
“Il Professore aveva le sue scaramanzie e usava slogan come `Esistono solo 21 modi per battere un calcio d`angolo`, ma era un tecnico all`avanguardia,” ricorda Galante. “Quando arrivò a metà campionato, subentrando a Maselli, disse: `Mancano 18 partite, ho fatto i calcoli: ne perderemo solo 2, quindi ci salveremo.` Ebbene? Aveva ragione, perdemmo solo due partite e ci salvammo brillantemente.”

Come sono stati i tre anni all`Inter?
“Sono stati bellissimi,” risponde Galante, “una squadra fortissima con un allenatore unico come Gigi Simoni. Nel 1998, a Parigi, vincemmo la Coppa UEFA, il primo trofeo dell`era Moratti. Ho avuto il privilegio di giocare con il più grande di tutti, il Fenomeno. A Mosca, contro lo Spartak in Coppa, segnò un gol incredibile, quasi `ballando sul ghiaccio`, inventandolo dal nulla. E noi scherzammo: `Funzionano i nostri schemi, vero Ronie?` Era un uomo goloso di tutto, di cibo e di vita. Una volta, andai a trovarlo a Madrid, in ritiro: sul comodino accanto al letto aveva decine di cioccolatini, pasticcini, dolcetti. Gli chiesi: `Ronie, ma stasera devi giocare…` E lui, con la bocca piena, rispose: `Ma sì…` Quella sera segnò una doppietta.”
Il più bel complimento glielo fece Mazzone, non è così?
“Sì, a Livorno, Mazzone dichiarò pubblicamente che si aspettava di avere a che fare con un donnaiolo, ma invece aveva trovato un professionista esemplare,” racconta. “Fu come una carezza. Del resto, con gli allenatori sono sempre stato d`accordo, il che conferma la mia serietà. Con Camolese, sia al Torino che a Livorno, mi sono trovato benissimo: ha una grande competenza, ma ha ottenuto meno di quanto meritasse.”
Qual è stato l`attaccante più forte che ha dovuto marcare?
“Devo fare l`elenco dei grandi attaccanti che ho incontrato?” chiede retoricamente. “Batistuta, Sheva, Del Piero, Totti, Mancini, Vialli, Vieri, Inzaghi, Montella, Di Natale, Toni, Gilardino, Lucarelli… Pippo (Inzaghi) era incredibile: era come se fosse il pallone a cercarlo, non il contrario.”
Quali erano le sue qualità come difensore?
“Ero pulito negli anticipi, abile di testa e nell`inserimento, e discreto in marcatura,” descrive. “Inoltre, i centravanti avversari li `smontavo` parlandoci durante la partita (ride), li confondevo.”
Le è mancata la Nazionale?
“Un po` sì,” ammette. “Forse avrei potuto giocare qualche partita, ma sono comunque orgoglioso di essere uno dei soli tre giocatori – io, Panucci e Cannavaro – ad aver vinto due titoli Europei con l`Under 21.”
Cosa fa oggi?
“Attualmente sono brand ambassador dell`Inter e un talent per il nuovo canale Radio-tivù Serie A,” spiega. “Sono in una relazione da dieci anni con Francesca, una donna meravigliosa. Amiamo viaggiare e abbiamo persino fatto il giro del mondo, dal Giappone alla California. Ah, e un`ultima cosa: presto speriamo di allargare la famiglia…”
Fabio Galante: “When I made mistakes, they said it was because of the women I had. Ronaldo was the best.”
Fabio Galante is a man of cheerful and gentle spirit, whose positivity is a constant in his life. In his old trading cards, spanning twenty years of his career with different jerseys, his smile is ever-present. He considers himself lucky, jokingly stating that if he were ever sad, God would remind him how blessed he is. Growing up in Monsummano Terme, where his parents Giovanni and Maria ran a shoe sole factory, Fabio learned the value of hard work from a young age. This experience likely instilled in him the ability to remain grounded, a sense of discipline, and the awareness that the true essence of a shoe lies in the comfort and support of its sole, not just the aesthetic of its upper.

Galante once stated, “If I had been uglier, I would have had a better career.” This comment highlights the dichotomy between appearance and substance, aesthetics and true nature, a recurring theme in public perception.
“I said it, and there`s some truth to it,” Galante admits. “I was considered a good-looking guy and I frequented people from the entertainment world. However, if I made a mistake on a Sunday, the venom immediately started: `Who knows where Galante was last night.` It`s hard to shake off certain labels; even if I pretended not to care, some comments hurt me. There was also a lot of envy. Once, I called a journalist who had given me a low rating in the match report. I asked him to explain the evaluation, and he replied: `But what do you care about a 5 with all the women you have?` I was speechless – what kind of discussion is that?”
What was he like as a child?
“As a child, I played as a forward and supported Inter,” he recounts. “I also had a soft spot for Torino, especially because of Ciccio Graziani. My father would tell me: `Watch how Graziani moves and try to copy him.` My actual football career began at fourteen, when I joined Empoli`s youth academy.”
In Empoli, he met Spalletti.
“He was the team`s veteran and acted as an older brother to me, teaching me a great deal,” Galante states. “I spent long periods at his house in Sovigliana, hosted by his mother Ilva. I`m very fond of Lucio; he`s an exceptional coach and an extraordinary, generous person.”
At twenty, his Serie A debut with Genoa.
“To this day, I am still the most expensive player ever in Serie C,” Galante reveals. “Spinelli paid over three billion lire for me, then resold me to Inter for triple that amount, plus Centofanti. With `Sciù Aldo` (Spinelli), I always had a special relationship; we spent nine years together, three in Genoa and six in Livorno. It was to him that I `insisted on` Alino Diamanti, bringing him from Serie C2 to Serie A. Spinelli asked me: `Fabio, but this guy goes to discos?` And I replied: `It`s true, president, but think about what he could do if he didn`t go.` So, he signed him. In that moment, I was to Diamanti what Spalletti had been to me.”
Scoglio was the one who launched his career.
“The Professor had his superstitions and used slogans like `There are only 21 ways to take a corner kick,` but he was an innovative coach,” Galante recalls. “When he arrived mid-season, replacing Maselli, he declared: `There are 18 games left, I`ve done the math: we`ll only lose 2, so we`ll be safe.` Well? He was right; we only lost two games and saved ourselves brilliantly.”

How were his three years at Inter?
“They were wonderful,” Galante replies, “a very strong team with a unique coach like Gigi Simoni. In 1998, in Paris, we won the UEFA Cup, the first trophy of the Moratti era. I had the privilege of playing with the greatest of all, `the Phenomenon` (Ronaldo). In Moscow, against Spartak in the Cup, he scored an incredible goal, almost `dancing on ice,` inventing it out of nowhere. And we joked: `Our tactics are working, right Ronie?` He was a man greedy for everything—food and life. Once, I went to visit him in Madrid, during a training camp: on the nightstand next to his bed, he had dozens of chocolates, pastries, sweets. I asked him: `Ronie, but you have to play tonight…` And he, with a mouthful, replied: `Oh well…` That night he scored a brace.”
The best compliment he received was from Mazzone, right?
“Yes, in Livorno, Mazzone publicly stated that he expected to deal with a playboy, but instead he found an exemplary professional,” he recounts. “It was like a caress. Moreover, I`ve always gotten along well with coaches, which confirms my seriousness. With Camolese, both at Torino and Livorno, I got along very well: he has great competence, but he achieved less than he deserved.”
Who was the strongest forward he had to mark?
“Should I list the great strikers I`ve faced?” he asks rhetorically. “Batistuta, Sheva, Del Piero, Totti, Mancini, Vialli, Vieri, Inzaghi, Montella, Di Natale, Toni, Gilardino, Lucarelli… Pippo (Inzaghi) was incredible: it was as if the ball sought him out, not the other way around.”
What were his qualities as a defender?
“I was clean in my anticipation, good with my head and in making runs, and decent at marking,” he describes. “Also, I used to `dismantle` opposing strikers by talking to them during the game (laughs), I`d confuse them.”
Did he miss playing for the National team?
“A little, yes,” he admits. “Perhaps I could have played a few games, but I am still proud to be one of only three players – myself, Panucci, and Cannavaro – to have won two European titles with the Under 21 team.”
What does he do today?
“Currently, I am an Inter brand ambassador and a talent for the new Serie A Radio-TV channel,” he explains. “I`ve been with Francesca for ten years; she`s a wonderful woman. We love to travel and have even gone around the world, from Japan to California. Oh, and one last thing: soon we hope to expand our family…”