Malesani: La mia carriera, il Milan mancato e la passione per i giovani tecnici

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L`ex allenatore si racconta: “Ero direttore in una multinazionale, ho lasciato tutto per la panchina. Il Milan mi cercò, ma il mio Verona retrocesse. Fu un momento chiave della mia carriera. Il mio Parma era una squadra incredibile, ma dopo non ho più ritrovato quelle emozioni. Dopo un periodo di allontanamento, ho ricominciato a seguire il calcio.”

Alberto Malesani con Hernan Crespo al Parma nel 1999
Malesani con Hernan Crespo al Parma nel 1999.

Nei primi mesi del 2002, Alberto Malesani era sulla panchina del Verona. La squadra giocava bene, occupava il settimo posto in classifica, e il Milan si fece avanti. “Sì, proprio così,” ricorda Malesani, “i rossoneri erano guidati da Carlo Ancelotti, che aveva preso il posto di Terim. Parlai con il dottor Galliani, che mi disse: `La stiamo seguendo. Se nel girone di ritorno la sua squadra mantiene lo stesso rendimento dell`andata, ci risentiamo a fine stagione.` Purtroppo, il mio Verona subì un crollo e a fine campionato retrocedemmo. Io non andai al Milan; Ancelotti rimase e, l`anno successivo, vinse la Coppa dei Campioni a Manchester. Il destino ha voluto così. Non ho rimpianti, ma è un peccato perché ero tifoso del Milan fin da bambino: l`unico milanista di San Michele Extra, il mio paese natale alle porte di Verona, dove era nato anche Mariolino Corso. Tutti gli altri erano interisti. Io, invece, gioivo quando vedevo giocare Rivera.”

Malesani, quel mancato passaggio al Milan nel 2002 fu la svolta della sua carriera?

“Ci ho riflettuto spesso e direi di sì. Da allora in poi il mio percorso non è stato così positivo come negli anni precedenti. Sono comunque soddisfatto, non sto lì a piangermi addosso.”

Tre anni prima, nel 1999, sulla panchina del Parma, nell’arco di cento giorni vinse Coppa Italia, Coppa Uefa e Supercoppa Italiana. Incredibile.

“Una cavalcata indimenticabile. Avevamo una squadra pazzesca: Buffon in porta; Thuram, Sensini e Cannavaro in difesa; Fuser e Vanoli sulla fasce; Dino Baggio, Boghossian, Veron a centrocampo; Crespo e Chiesa in attacco. Giocavamo un calcio moderno, spettacolare, tutto pressing e sovrapposizioni. Purtroppo non arrivammo allo scudetto, ma forse tutto l’ambiente, all’epoca, non era attrezzato per un’impresa simile.”

L’anno prima, alla Fiorentina, fece innamorare i tifosi.

“E i giocatori, da Rui Costa a Batistuta. Quando ebbi qualche discussione con il presidente Cecchi Gori lo spogliatoio si schierò dalla mia parte. Andammo a vincere a Parma, il cavalier Calisto Tanzi rimase impressionato dal gioco della mia Fiorentina e il giorno dopo mi convocò nel suo ufficio a Collecchio per ingaggiarmi. Ero libero, dissi subito di sì.”

Malesani durante un allenamento del Verona nel 2002
Malesani durante un allenamento del Verona nel 2002.

Una carriera costruita sul merito, la sua.

“Nessuno mi ha mai regalato nulla. Ho cominciato con il Chievo, ho fatto la gavetta, mi sono licenziato dalla Canon dove avevo un ruolo da dirigente per la mia passione: il calcio. Da lì alla Fiorentina dopo che, per tre mesi, ero stato seguito da Antognoni e dal d.s. Cinquini. E quindi il Parma, sempre perché avevo impressionato attraverso il gioco.”

Dopo quell’inizio folgorante la frenata fu brusca. Perché?

“Sinceramente non lo so. Ho cambiato tante squadre, ne ho allenate undici in Italia, ma non sono mai più riuscito a trovare quell’alchimia necessaria a raggiungere il successo. I miei metodi non sono mai cambiati, credo si tratti di una questione di emozioni. Se fossi andato al Milan, chissà… Vabbè, non voglio pensarci, è acqua passata.”

Restano famose alcune sue conferenze stampa, che oggi si trovano sul web, nelle quali si sfogò con toni piuttosto esagitati. Anche questi dettagli hanno contribuito a frenare la sua carriera?

“Può darsi, ma di base credo che ci sia il fatto che io non ho mai cercato, e di conseguenza non ho mai avuto, sponsor importanti, non ho mai fatto amicizia con chi contava. Sono stato nel calcio, ma un po’ in disparte. È il mio carattere. Nel lavoro, in tutti i lavori che ho fatto, ci ho messo impegno, rigore, passione e un po’ di sana follia. E sono sempre stato un uomo, e dunque un allenatore, libero. Probabilmente se avessi cantato nel coro, la mia carriera sarebbe stata diversa, ma va bene così.”

Prima manager di una multinazionale, poi allenatore, quindi viticoltore.

“Altra soddisfazione. Sono riuscito a metter su un’azienda che ora ho ceduto, e ho ricevuto riconoscimenti importanti. Pensi che tutto nacque durante una trasferta di Coppa Uefa. Era la primavera del 1999, con il Parma andammo a Bordeaux e io, alla vigilia, visitai una cantina famosa e ne rimasi affascinato. Da quel momento ho sempre desiderato diventare un produttore di vino, ho comprato un bel pezzo di terra, ho ascoltato i consigli di un enologo e l’impresa è andata in porto.”

Malesani in panchina con il Verona nel 2001
Malesani in panchina con il Verona nel 2001.

Il calcio lo segue ancora?

“Confesso che avevo avuto un sentimento di rigetto, qualche anno fa. Ma ora mi sono riavvicinato al pallone e lo sa di chi è il merito?”

No, dica pure.

“Dei nuovi allenatori che ci sono in Serie A. Mi piacciono, ammiro il loro modo di fare calcio. Parlo di Italiano, di Baroni, di Fabregas. Studio le loro tattiche, io sono un maniaco della tattica, mi tengo aggiornato, penso a che cosa farei io se dovessi affrontarli, a quali mosse sceglierei. È un modo per sentirmi ancora dentro il campo. Ritengo che la scuola italiana degli allenatori sia la migliore al mondo, e dobbiamo tenercela stretta.”

E poi, oggi, che cosa c’è nella vita di Alberto Malesani?

“La famiglia, gli amici, il golf la mattina e le partite a carte all’osteria tutti i pomeriggi. Mi diverto come un matto a giocare a briscola o a tressette. E sapeste com’è difficile! Faccio anche i tornei, ho raggiunto buoni livelli grazie agli insegnamenti dei miei amici che io chiamo maestri. E dopo, che abbia vinto o che abbia perso, una bella cena in trattoria tutti assieme. Questa, per me, è la serenità.”


ENGLISH VERSION


Malesani: “My Career, the Missed Milan Opportunity, and My Passion for Young Coaches”

The former coach recounts his story: “I was a director in a multinational company, I left everything for the dugout. AC Milan sought me, but my Verona was relegated. It was a key moment in my career. My Parma team was incredible, but afterwards, I never found those same emotions again. After a period of detachment, I`ve started following football once more.”

Alberto Malesani with Hernan Crespo at Parma in 1999
Malesani with Hernan Crespo at Parma in 1999.

In the early months of 2002, Alberto Malesani was coaching Verona. The team was playing well, sitting seventh in the standings, and then AC Milan came calling. “Yes, exactly,” Malesani recalls, “the Rossoneri were managed by Carlo Ancelotti, who had replaced Terim. I spoke with Dr. Galliani, who told me: `We`re following you. If your team performs in the second half of the season as it did in the first, we`ll talk again at the end of the season.` Unfortunately, my Verona team suffered a collapse, and we were relegated at the end of the championship. I didn`t go to Milan; Ancelotti stayed and, the following year, won the Champions League in Manchester. That`s how fate would have it. I have no regrets, but it`s a shame because I`d been a Milan fan since childhood: the only Milan supporter in San Michele Extra, my hometown just outside Verona, where Mariolino Corso was also born. Everyone else was an Inter fan. I, on the other hand, rejoiced when I saw Rivera play.”

Malesani, was that missed move to Milan in 2002 the turning point of your career?

“I`ve often reflected on it, and I`d say yes. From then on, my path wasn`t as positive as in previous years. Nevertheless, I am satisfied; I don`t dwell on it.”

Three years earlier, in 1999, coaching Parma, you won the Coppa Italia, UEFA Cup, and Italian Supercup within a hundred days. Incredible.

“An unforgettable ride. We had an incredible team: Buffon in goal; Thuram, Sensini, and Cannavaro in defense; Fuser and Vanoli on the flanks; Dino Baggio, Boghossian, Veron in midfield; Crespo and Chiesa in attack. We played modern, spectacular football, all pressing and overlapping runs. Unfortunately, we didn`t win the Scudetto, but perhaps the entire environment, at the time, wasn`t equipped for such an undertaking.”

The year before, at Fiorentina, you made the fans fall in love.

“And the players too, from Rui Costa to Batistuta. When I had some discussions with President Cecchi Gori, the dressing room sided with me. We went and won in Parma, Cavaliere Calisto Tanzi was impressed by my Fiorentina`s play, and the next day he called me to his office in Collecchio to sign me. I was free, and I immediately said yes.”

Malesani during a Verona training session in 2002
Malesani during a Verona training session in 2002.

Your career was built on merit.

“No one ever gave me anything. I started with Chievo, I worked my way up, I resigned from Canon where I had a managerial role, all for my passion: football. From there to Fiorentina, after being scouted by Antognoni and sporting director Cinquini for three months. And then Parma, again because I had impressed with my style of play.”

After that brilliant start, the slowdown was sudden. Why?

“Honestly, I don`t know. I`ve changed many teams, coached eleven in Italy, but I never managed to find that alchemy necessary to achieve success again. My methods never changed; I think it`s a matter of emotions. If I had gone to Milan, who knows… Oh well, I don`t want to think about it, it`s water under the bridge.”

Some of your press conferences, which can be found online today, where you vented with rather agitated tones, remain famous. Did these details also contribute to hindering your career?

“Perhaps, but fundamentally, I believe it`s because I never sought, and consequently never had, important sponsors, nor did I ever befriend influential people. I was in football, but somewhat detached. It`s my character. In all the jobs I`ve done, I`ve put in commitment, rigor, passion, and a bit of healthy madness. And I`ve always been a free man, and thus a free coach. Probably, if I had just `sung in the choir,` my career would have been different, but it`s fine this way.”

First a multinational manager, then a coach, then a winemaker.

“Another satisfaction. I managed to set up a business, which I`ve now sold, and received important recognition. Think about it, it all started during a UEFA Cup away trip. It was the spring of 1999; with Parma, we went to Bordeaux, and on the eve of the match, I visited a famous winery and was fascinated. From that moment, I always wanted to become a wine producer, I bought a beautiful piece of land, listened to the advice of an oenologist, and the venture was successful.”

Malesani coaching Verona in 2001
Malesani coaching Verona in 2001.

Do you still follow football?

“I confess that I had a feeling of rejection a few years ago. But now I`ve reconnected with the game, and do you know whose merit that is?”

No, tell me.

“Of the new coaches in Serie A. I like them, I admire their way of playing football. I`m talking about Italiano, Baroni, Fabregas. I study their tactics; I`m a tactics fanatic, I stay updated, I think about what I would do if I had to face them, what moves I would choose. It`s a way to still feel connected to the pitch. I believe the Italian school of coaches is the best in the world, and we must hold onto it dearly.”

And what else is there in Alberto Malesani`s life today?

“Family, friends, golf in the morning, and card games at the tavern every afternoon. I have a blast playing briscola or tressette. And you wouldn`t believe how difficult it is! I even participate in tournaments; I`ve reached good levels thanks to the teachings of my friends, whom I call masters. And afterward, whether I`ve won or lost, a nice dinner at a trattoria all together. This, for me, is serenity.”

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